Thursday, January 12, 2012

La Storia di Tita & Gege - Toscana

La casa in cui abbiamo scelto di abitare vicino a Firenze, non era proprio quella che volevamo
– non il nostro stile, non proprio localizzata come prima scelta e fin troppo grande per noi. Ma
l’abbiamo presa perchè aveva un enorme giardino circondato da mura e un ancor più grande
recinto in una zona boschiva nel retro dove i nostri sette cagnolini potevano correre e giocare
senza preoccuparci. I precedenti residenti, ci dissero che i vicini di casa erano tranquilli e non
dovevamo aspettarci alcun problema da parte di tutti loro. Non è esattamente come andarono le
cose. Fin dall’inizio i vicini furono poco socievoli e sospettosi. Ci siamo detti che era solo per via
di quel “caratterino chiuso dei toscani” e che eventualmente si sarebbero avvicinati. Ma ciò non
accadde. Si rifiutarono di ricambiare i nostri saluti quando ci incontravamo fuori, e non volevano
neanche parlarci. Nessun problema – peggio per loro.

Tita

Non ci perdevamo il sonno per il loro comportamento non amichevole, ma dopo un pò iniziai a
farmi delle domande. Noi siamo persone tranquille e riservate. Non teniamo la musica ad alto
volume, niente feste, nessuna radunata di ragazzi turbollenti o rumorosi motorini truccati. Direi
che siamo generalmente piuttosto noiosi. I cani facevano ciò che normalmente fanno i cani e
riflettano l’atmosfera della famiglia. Non guaivano e non abbaiavano ad ogni mosca che volava,
non facevano quasi alcun rumore. Chiesi ad un’amica del posto come mai i nostri vicini fossero
così poco socievoli. Lei mi suggerì diplomaticamente che forse queste persone non erano,uhhmm,
a loro agio con il fatto che due uomini avevano traslocato nella casa vicina e che i due uomini
abitavano insieme come una famiglia. Non ci avevo pensato. Perchè una coppia di uomini
attempati e retrogradi dovrebbero dargli fastidio? (Premetto che il mio compagno Antonio ed io
stiamo per festeggiare il nostro 32esimo anniversario). Siamo veramente così silenziosi! In ogni
caso, decisi di mettere una pietra su tutta la facenda – io potevo convivere con loro e loro
dovevano semplicemente rassegnarsi e sopportarci. La vita andò avanti – solitamente
pacificamente, qualche volta no. In diverse occasioni, il vicino, un barbiere in pensione, si
avvicinava a noi per lamentarsi di qualsiasi cosa; dal fatto che gli aghi di pino cadevano sul suo
sentiero, al modo in cui parcheggiavo la mia macchina. Una o due volte ha infastidito e minacciato
la mamma 85enne di Antonio. Qualche volta ricevemmo telefonate incoerenti e rabbiose da lui.
Non eravamo felici ma eravamo determinati a non prenderlo troppo seriamente.

Fino all’inverno del 2010. Proprio intorno al periodo di Natale, il nostro piccolo bassotto nano,
Tita, diventò tremolante. Da un giorno all’altro, aveva problemi a stare in piedi. Ma quella sera,
non si voleva alzare e sembrava soffrire. Abbiamo programmato di portarla dal veterinario per
prima cosa al mattino dopo. Verso le 5:00 del giorno dopo mi svegliò piangendo. La presi tra le
mie braccia – e iniziò immediatamente ad avere le convulsioni e a vomitare sangue che sembrava
essere parte dei suoi organi. Entro un minuto, morì.

Eravamo devastati. Tita era quella che dettava legge – la più piccola dei nostri cani, lei prendeva
tutte le decisioni. Dolce ma con fermezza, si prendeva cura di tutti noi. Anche se aveva 12 anni,
era in perfetta salute, ed ora era morta – e che orrible morte. La cosa più lontana che ci passò per
la mente era che qualcuno potesse augurarle del male. L’abbiamo fatta cremare e la mettemmo
vicino ad altri nostri numerosi amici defunti.

Dieci giorni dopo, Antonio si trovava per caso nella zona boschiva dietro casa dove trovò il
nostro vicino che dava qualcosa da mangiare ad un’altro dei nostri bassotti. Antonio chiamò
immediatamente il cane – ci fu uno sguardo ostile da parte del vicino, ma non si scambiarono
parola. La mattina presto del giorno dopo, Antonio trovò Gegè che si trascinava sul pavimento,
incapace di tirarsi su. Stava soffrendo terribilmente. Antonio mi chiamò dicendomi di venire di
corsa – ho fatto appena in tempo per permettere a Gegè di guardarmi, scondinzolare, vomitare e
morire.

Questa volta, il sospetto venne a galla. Era troppo una coincidenza – entrambi i cani in perfetta
salute, morti a pochi giorni l’uno dall’altro. Portammo Gegè al nostro veterinario che ci consigliò
di iniziare il procedimento per stabilire se i cani fossero stati avvelenati. La prima cosa da fare era
portare il corpo del cane all’Istituto Provinciale Zooprofilattico dove avrebbero fatto un’autopsia.
Mentre andavamo lì, il veterinario mandò il suo rapporto via fax all’Istituto in modo che fossero
avvisati ufficialmente. Un volta arrivati, siamo stati informati che potevano darci un risultato
preliminare degli analisi entro il giorno stesso ma che i campioni istologici dovevano essere
mandati a Roma per essere analizzati. Ci volevano almeno due mesi per avere i risultati finali.
Ci misero in contatto con l’unità speciale della Polizia Provinciale che tratta specificatamente il
maltrattamento di animali.

Quel pomeriggio ricevetti una telefonata dall’Istituto. Mi chiesero che cosa avessimo dato da
mangiare al cane il giorno precedente. Ho risposto che aveva mangiato la sua solita dieta di
cibo per cani e altre cose che gli davamo dal nostro cibo – un pò di formaggio, un pezzetto di
frutta. Mi chiesero se gli avevamo dato della melanzana fritta. Assolutamente no. Sono stato
informato a questo punto che il suo stomaco conteneva grossi pezzi di melanzana fritta e che
questo è il metodo molto diffuso tra i cacciatori e altre persone di somministrare veleno, che
hanno l’intenzione di uccidere. Il motivo per cui questo sistema è così popolare è che la melanzana
agisce come una spugna, con la capacità di assorbire grandi quantità di veleno – molto di più di
un boccone di carne o anche di una polpetta che assorbe quasi niente e che può contenere solo
una quantità sufficiente da attaccarsi sulla superfice. Le fette di melanzane vengono imbevuti
nel veleno e poi fritti – facendoli diventare appetibili per l’animale. Mi fu detto dal dottore
dell’Istituto Zooprofilattico che la melanzana trovata nello stomaco di Gegè conteneva vari tipi di
veleno che sarebbero stati meglio identificati al ritorno delle analisi dal laboratorio di Roma. Nel
frattempo, mi aiutarono a fissare un incontro con gli ufficiali della Polizia Provinciale della sezione
maltrattamenti sugli animali, che mi contattarono dopo qualche giorno. Fissammo un orario per
un incontro a casa nostra dove presero le nostre deposizioni, fecero un giro nella nostra propietà
e fotografarono la zona confinante con il vicino di casa, dando più rilievo alla zona dove Antonio
aveva visto il vicino dare qualcosa al cane. Prima di andarsene, mi dissero di chiamarli appena
fossero arrivati i risultati istologici definitivi da Roma.

Ci volle del tempo prima di avere i risultati definitivi, ma quando arrivarono il quadro che mi si
presentò davanti non era bello. A Gegè era stato dato sicuramente dei bocconi di melanzana fritta
che erano stati impregnati con un’enorme quantità di veleno per topi – nello specifico, fosfuro
di zinco. Quando chiesi se fosse stato possibile che i miei cani avessero semplicemente tirato su

quell’esca messa lì magari per topi o altri parassiti, la risposta fu scioccante : i livelli di tossine nei
campioni di tessuto di Gegè erano così elevati, che avrebbe dovuto ingerire una montagna di topi
uccisi usando questo veleno.

A questo punto, abbiamo avuto un’altro incontro con la Polizia Provinciale. Essi erano d’accordo
con noi sul fato che il nostro vicino fosse il primo sospettato, dato dalla sua precedente
aggressione e per il fatto che era stato visto mentre offriva del cibo al cane il pomeriggio prima
che morì. Comunque, a questo punto essi confermarono il dubbio che si era fatto strada nella mia
mente : se lui odiava i nostri cani per qualsiasi motivo, avrebbe organizzato una grossa operazione
per liberarsene immediatamente, senza scherzarci sopra. Il fatto che allettò prima Tita e poi Gegè
con un boccone letale portava ad una motivazione diversa. Forse c’è l’aveva con noi, e ci stava
mandando un messaggio atttraverso i nostri cani. Avevo suggerito questa idea ad un’altra dei
nostri vicini, una donna gentile e generosa che è attiva nel salavare e prendersi cura di animali
maltrattati. Essendo lei cresciuta nei paraggi, lei fu d’accordo sul fatto che la mentalità tra le
persone qui era quella di non accettare che due uomini possano vivere insieme come una famiglia.
Infatti, lei aveva sentito spettegolare di noi tra le persone del vicinato. Avevamo concluso, la
polizia e la nostra amica, che l’uomo che aveva ucciso i nostri cani, non intendeva fare tanto del
male ai cani quanto desiderasse ferire noi, e sperando così di mandarci via.

In Italia, è un reato maltrattare gli animali. Il reato di uccidere deliberatamente un animale
domestico ( non entriamo nell’argomento della caccia, almeno non qui) è punibile. Ma la
punizione non è in nessun modo proporzionale al crimine commesso. Alla peggio, si tratta di
una multa di circa € 5000. Una persona abbstanza pazza da commettere un simile crimine non è
molto interessato ai soldi. Volevamo più di ogni cosa portare questo disgustoso fanatico davanti
alla giustizia, ma la nostra preoccupazione primaria era di proteggere gli altri nostri cani. Dopo
esserci fatti degli esami di coscenza, abbiamo deciso di non sfidare la sorte. Dopo un paio di
mesi, andammo via da quel posto. Con il nostro trasloco, dovuto all’odio di quest’uomo, aveva
vinto lui la battaglia? No, abbiamo vinto noi perchè lui dovrà ancora vivere la sua vita miserabile
squallidamente....mentre il resto della nostra famiglia è in salvo.

Perchè le persone spargono intenzionalmente bocconi avvelenati? Lo sport della caccia è radicato
nella cultura italiana sia in zone rurali che urbane. Gli uomini italiani sentono in qualche modo
che devono cacciare – una conferma della loro mascolinità?, oppure un collegamento alle loro
antiche origini come chi procura il cibo alla famiglia? Vallo a capire – sentire piacere di qualsiasi
tipo nell’infliggere dolore e morte ad un altro essere vivente, è per me inaccettabile. Ma senza
essere filosofici, la realtà è che i cacciatori sono anche gelosi, invidiosi e territoriali. Essi mettono
volutamente dei bocconi avvelenati con l’intento specifico di uccidere i cani degli altri cacciatori.
I ceercatori di tartufi fanno lo stesso, con l’idea che uccidendo i cani dei loro concorrenti, essi
difendono la loro zolla di terra. Poi c’è anche una categoria di gente ammalata che mette i bocconi
avvelenati per puro divertimento e sport, oppure come nel caso del nostro ex vicino di casa, come
un modo per comunicare paura ed odio. Ecco una statistica che vi farà pensare : l’avvelenamente
intenzionale di animali domenstici è il passatempo prevalente in tutta Italia, e la provincia di
Firenze è in cima alla lista con un enorme denuncia di 480 avvelenamenti registrati l’anno scorso.

Sottolineo registrati – solo una minima quantità di casi vengono denunciati.

Se avete cani o gatti, state attenti e vigilate. Resistete alla forte voglia di lasciarli scorazzare liberi,
anche se è in una zona che voi pensate essere sicura. Nessuna zona è sicura. Noi pensavamo che la
nostra casa e giardino lo fossero.

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